Parliamo di un territorio – quello Apuano – meravigliosamente ricco di storia, natura, tradizioni e mestieri, messo giornalmente a repentaglio da quel monopolio economico del settore lapideo, che, non solo lo sto sta letteralmente sbriciolando dal punto di vista paesaggistico, ma che è divenuto un’accozzaglia di violazioni di leggi, dove le organizzazioni malavitose sembrano aver trovato terreno fertile…
In Italia esiste una legge nazionale – il Codice dei beni culturali e del paesaggio – che sottoporrebbe a vincolo: “le montagne per la parte eccedente 1.600 metri sul livello del mare per la catena alpina e 1.200 metri sul livello del mare per la catena appenninica e per le isole, i ghiacciai e i circhi glaciali, i parchi e le riserve nazionali o regionali, nonché’ i territori di protezione esterna dei parchi”. Grazie ad improbabili deroghe regionali, sulle Alpi Apuane sono presenti attività industriali sopra i 1200 metri di quota, sono scomparse intere cime, creste, selle e valli di origine glaciale la cui formazione aveva necessitato milioni e milioni di anni, ma quello che crea lo sconcerto più inconcepibile, è il fatto che all’interno del Parco Naturale Regionale delle Alpi Apuane, vi sono ben 39 bacini estrattivi con circa 70 cave attive al loro interno. Una vera e propria fiera dell’assurdità…
Spesso si sente dire che le Alpi Apuane sono montagne d’acqua: in parte è ancora vero, ma una volta lo era ancora di più, perché nel corso degli anni quel florido reticolo idrogeologico è stato notevolmente amputato. Anche qui le tutele di legge a “i fiumi, i torrenti, i corsi d’acqua iscritti negli elenchi previsti dal testo unico delle disposizioni di legge sulle acque ed impianti elettrici, approvato con regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, e le relative sponde o piedi degli argini per una fascia di 150 metri ciascuna” sembrano rimanere lettera morta… L’impatto dei siti estrattivi esercitato sull’acqua sulla purissima acqua apuana è devastante: inquinamento fisico di corsi d’acqua – superficiali ed ipogei – da carburanti, olii, lubrificanti esausti, con enorme aggravio di spesa per i cittadini per la depurazione dell’acqua, cementificazione – per mezzo della segagione del marmo (detta marmettola) – degli alvei dei torrenti e dei fiumi con conseguente morte biologica degli stessi e con rischi idrogeologici e alluvionali per la loro impermeabilizzazione, prosciugamento e/o sottrazione di sorgenti per lavorazioni di taglio del marmo nelle cave in quota. Come se non bastasse, in molte valle di questa catena montuosa, i pochi corsi d’acqua superficiali sono occlusi ed invasi dalla presenza di “fiumi” di inerti (i ravaneti) instabili, con tutte le immaginabili pericolosità idrauliche e sismiche del caso.
La rete natura 2000 è il principale strumento di politica dell’Unione Europea per la conservazione della biodiversità e, dato che dal 2011 a questi monti è stata concessa l’onorificenza di Geoparco mondiale Unesco, ci si aspettava che almeno da questo punto di vista la natura rimanesse inviolata… Purtroppo dobbiamo deludervi anche sotto questo aspetto. In questo senso la DIRETTIVA EUROPEA UCCELLI n°79/409 del 2 aprile 1979 (successivamente sostituita con la nuova direttiva la 2009/147/CEE datata 30 novembre 2009) , oltre al divieto di caccia, prevede in queste zone misure speciali di conservazione degli habitat delle specie ornitiche, con l’impegno per gli stati membri di individuare i territori idonei allo scopo, classificati successivamente come Zone di Protezione Speciale (“ambienti di nidificazione e caccia sono le rupi e le pareti, tutelate a livello comunitario, in quanto comprese in ZPS). Sulle Alpi Apuane vi sono ben 10 Zone Speciali di Conservazione e una grande Zona a Protezione Speciale in cui si permette l’abbattimento di intere aree boschive, l’estinzione di specie animali e floreali endemiche (cioè che vivono o vegetano sono in questa parte di mondo), si consentono emissioni acustiche insopportabili sia per l’economia turistica che per la fauna (in special modo l’avifauna. Ebbene, l’amministrazione che gestisce questa sottospecie di Parco, rilascia annualmente centinaia e centinaia di permessi di attraversamento dei suoi confini con le armi in spalla, incentivando – schifosamente – la vergognosa prassi del bracconaggio.
Molte di queste creature rocciose, al loro interno sono vuote per orogenesi, ed è per questo che vogliamo proteggere il complesso carsico più importate a livello italiano, un vero e proprio paradiso per scienziati e speleologhi. Alcune di queste peculiarità geologiche – i geositi – sono importanti perché ci raccontano la storia di questa terra e sulle Alpi Apuane, tra sorgenti, grotte carsiche, archi naturali, morene, doline, picchi, circhi, selle e valli di origine glaciale ne sono stati identificati e catalogati più di 250. Lo straordinario patrimonio morfologico ed evolutivo, dovrebbe anche qui essere tutelato da specifiche norme di conservazione, che non solo non vengono applicate, ma sistematicamente bypassate dai collusi organi di governo. Così, le fameliche benne degli escavatori, sopprimono ingressi di cavità carsiche censite, intercettano rami di complessi ipogei di importanza mondiale e sacrificano geositi sull’altare dello sfrenato profitto di pochi imprenditori.
Molto spesso, dopo aver fatto profitto con la roccia apuana (non si preleva solo marmo) le Ditte lasciano un territorio distrutto e fortemente contaminato. Non si contano i siti abbandonati con la velenosa presenza di vere e proprie discariche a cielo aperto di pneumatici, caterpillar, intere cisterne con derivati dal petrolio, materiali plastici, ferrosi e addirittura eternit. La rigogliosa natura apuana, nella sua magnanimità, impiega decenni per risarcire – seppur parzialmente – le cicatrici inferte dalla predazione terrestre, ma in molti siti estrattivi dismessi, va aiutata con attente lavorazioni di bonifica: anche nelle molte gallerie attualmente sotto sequestro.
Lavoriamo tutte e tutti, ma proprio per questo – oltre ad affermare che questi poveri monti non possono più sostenere ulteriori razzie – vogliamo preliminarmente denunciare, le troppe zone d’ombra legate al settore lapideo apuano. Danni al patrimonio erariale per evasioni di milioni di euro, non rispetto della sicurezza sul lavoro (le cui conseguenze si contano negli ospedali e negli obitori), lavoro nero, corruzione di tecnici, amministratori pubblici e forze dell’ordine, infiltrazioni della criminalità organizzata di stampo malavitoso. Così, questa vera e propria economia di rapina danneggia ambiente, salute e erario, ma sta compromettendo tutte quelle attività amiche dell’ambiente, come agricoltura, artigianato, pastorizia, turismo, di coltura del bosco, etc… Non facciamo gli ipocriti: la tutela di queste montagne è strettamente legata alla cessazione dell’attività estrattiva, che nel comprensorio apuano, va velocemente e progressivamente riconvertita, senza shock occupazionali.
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